Ferrandini corsaro zen - Recensione di Riccardo Regge (ArtMedia Senese)
Le strategie dei discografici italiani in questi anni di consacrazione dei file ad alta compressione non sembrano essere al passo con i tempi, non tanto per il tipo di guerra che fingono di combattere con i teenager "scarica tutto", quanto per la debolezza con cui vorrebbero farsi strada in uno scenario oramai totalmente fuori controllo.In tale black out musicale si dovrebbe cercare quantomeno di insistere sul prodotto artistico nostrano per enfatizzarne la singolarità.Finchè il wurstel cercherà di fare la concorrenza al salume di cinta senese, noi avremo vita facile.Ma allora perché presentare artisti wurstel con tanto di senape sulla maglietta extralarge invece che puntare su un prodotto casereccio ma di sicuro impatto cultural/artistico?Di tutto questo non si è preoccupato Maurizio Ferrandini, artista sanremese "naturalizzato" maremmano , il quale si autoproduce nella speranza di poter dimostrare al vetusto sistema cantautorale che in fin dei conti la canzone d'autore non è morta.Impresa proibitiva agli occhi dei sapienti dottori del pentagramma ma sicuramente possibile per i marinai della rete che sempre più numerosi navigano sul vascello di Ferrandini.Il corsaro Ferrandini propone un disco/viaggio senza precedenti, attraversando mari e terre dalla sua isola che non c?è fino all'estremo oriente.Pop Kong è una sorta di cammino tra il mistico e il turistico con una serie di stravaganti scelte ritmiche e melodiche.A scapito del titolo, il disco è pervaso da un atmosfera rock che esalta le ballate fino a portarle ad una dimensione unica in cui la pipa piuttosto che lo jhingu o il ruan si fondono perfettamente con le chitarre elettriche e le batterie che pestano duro.La sfida è sdoganare il rock d'autore verso "il nuovo mondo" dell?est cercando di penetrarne la cultura ,assorbendola al tempo stesso.E non si può dire che Ferrandini non riesca nel suo intento con brani come China Cola Hotel o Wo ai ni. Mai Tai ,brano che apre il disco è un esempio di come l?autore abbia una marcia in più anche dal punto di vista stilistico, aggredendo la sfrenata follia disco/alcoolica con un escamotage che a prima vista sembra una vera e propria celebrazione del mondo della notte.Impressionante la struttura ritmico melodica de "Il canto di Hong kong" in cui Ferrandini mischia strumenti acustici cinesi con i canti dei nativi americani in un atmosfera talmente efficace da farti sentire nel centro di Hong kong.Insomma,questo nuovo corsaro dalla voce calda e il pensiero RockZen ci convince e ci fa pensare che la musica d'autore possa avere una nuova via tra gli oceani e la rete...basta farsi portare dalla corrente.